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Piccola guida al Gin featuring Elio Carta


admin - 30 Maggio 2019 - 0 comments

Piccola guida al Gin featuring Elio Carta

Il gin è uno dei distillati che sta riconquistando la scena, prepotente, tra le basi preferite dai migliori mixologist del mondo. Dopo aver soggiogato e sfamato le classi sociale più povere, dopo esser stato vietato e scavalcato da concorrenti più aggressivi come la vodka, ecco che il distillato di origini olandesi sta riconquistando la ribalta. Abbiamo chiesto a Elio Carta, titolare dell’azienda Silvio Carta fondata dal padre, di ripercorrere con noi di Agrodolce le tappe di questa storia pungente e profumata come le bacche di Ginepro.

Cos’è il Gin?

Iniziamo dalle basi. Il gin è un distillato secco ottenuto dalla distillazione di “ginepro, che si trova dappertutto, messo in infusione con l’alcool di origine cerealicola – spiega Carta. Poi sono affiancate una serie di botaniche a seconda del gusto e dell’indirizzo che si vuole dare a un prodotto. Si parte da 4-5 referenze, “ma qualcuno arriva anche a 50“. Tuttavia questi ingredienti devono rimanere sempre un complemento per lasciare spazio alla nota dominante, il ginepro. L’aspetto è cristallino, il colore è brillante.

ORIGINI E STORIA

La strada fatta dal gin per arrivare ai giorni nostri parte dall’Olanda. Questo distillato fu introdotto durante il regno di Guglielmo d’Orange in Inghilterra, attorno al 1690. Il re olandese vietò l’importazione di distillati stranieri (primo fra tutti il cognac francese) e favorì la diffusione del gin, che arrivò a costare meno della birra. Noto come dutch courage, nel diciottesimo secolo questo distillato era considerato alla stregua di una droga capace di creare una forte dipendenza. “Gli stipendi dei lavoratori arrivarono persino a essere pagati in parte con il gin”, sottolinea Carta. Furono gli anni della febbre del gin, chiamata anche The Gin Craze.Chi sono i protagonisti del passato e del presente?

Tra il 1729 e il 1751 furono emanate le Gin Acts, una serie di leggi pensate per ridurre il consumo di gin nel paese, che ai tempi era molto alto. Basti pensare che a Londra si potevano trovare circa 7000 produttori di gin. Nel 1743 si consumavano circa 10 litri di gin pro capite, minori compresi. Durante l’epoca del proibizionismo, all’inizio del Novecento, si impose il metodo di produzione noto come bathtub. Il gin era affinato con l’infusione a freddo delle botaniche: il tutto avveniva in vasche da bagno. Da qui il nome di bathtub gin. Oggi molti produttori stanno riscoprendo questa tecnica.

Silvio Carta Grifu

IL GIN TONIC E LA LOTTA ALLA MALARIA

Secondo alcune note storiche il declino del gin coincise con l’ascesa di una bevanda più salutare: il tè. Eppure il distillato non aveva solo poteri inebrianti. Si trattava anche di un prodotto curativo. Basti pensare che il Gin Tonic, uno dei cocktail più famosi realizzati col gin, sembra sia nato come rimedio contro la malaria. Il suo creatore pare fosse il medico olandese Franciscus de le Boë Sylvius. Il suo obiettivo: debellare la gotta dei ricchi e le febbri esotiche che affliggevano i soldati coloniali. Il gin, unito al chinino, aveva il potere di rendere più gradevole il preparato antimalarico. Questa era la base del gin tonic, poi perfezionato dall’acqua tonica creata da Johann Jacob Schweppe nel 1783. Le proporzioni? Semplici: 4 parti di gin e 6 di tonica, più una fettina di limone.

LE 5 TIPOLOGIE DI GIN

Ci sono 5 tipologie di gin, famose in tutto il mondo. Il London Dry è il più pregiato, ottenuto con la distillazione di alcol etilico agricolo, bacche di ginepro e altre note vegetali. Segue l’Old Tom, più dolce del London Dry per la presenza di una maggiore quantità di liquirizia presente nella distillazione. È fatto invecchiare in botti di vino, fattore che gli conferisce un colore caramellato. CINQUE TIPOLOGIE DI CUI LA PIÙ NOTA E CONOSCIUTA È LA LONDON DRYLo stile originario del gin è incarnato dal Jenever. Nato in Olanda nel sedicesimo secolo, è simile al whisky per il suo colore ambrato, ma ha un sapore più robusto. In questo distillato il ginepro si fa da parte per lasciare più spazio a chiodi di garofano, cumino, zenzero e noce moscata. Il New American è un gin moderno, artigianale: attorno a questa etichetta si radunano tutti i nuovi stili di gin. Il più famoso è l’Hendrick’s. Infine c’è il Plymouth, che prende il nome dal luogo in cui veniva solitamente distillato, nel Devon, in Inghilterra. Questo tipo di gin ha note speziate di coriandolo, bucce di arance essiccate, cardamomo, radice di angelica e di iris. Esiste una sola distilleria al mondo che lo produce e si chiama anch’essa Plymouth.

LA NUOVA GIOVINEZZA DEL GIN
LE NUOVE PATRIE DEL GIN: SPAGNA
Tra i gin spagnoli, va citato l’innovativo Gin Mare (che è possibile degustare anche in Italia). La distilleria si trova nell’entroterra catalano, lungo la Costa Dorada, nel tratto che va dopo Valencia a Barcellona. Un alambicco fiorentino destinato alla produzione di essenze di profumeria si presta alla distillazione di piccole quantità con massima resa nei profumi. I botanici utilizzati sono tipici della macchia mediterranea: olive, rosmarino e timo. Il ginepro è immancabile, ma è solo un sottofondo. Le singole erbe sono distillate singolarmente e poi messe in infusione singolarmente con diverse gradazioni alcoliche. In un secondo momento sono assemblate per realizzare il gin. Per questo il sapore di ogni pianta è percepibile distintamente.
IL FUTURO DEL GIN
I COCKTAIL A BASE DI GIN
Silvio Carta Giniu

Articolo pubblicato sul sito Agrodolce

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